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Questa pagina è una copia di archivio della newsletter di #CivicHackingIT.
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Come affrontare il civic hacking.
 
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La cassetta degli attrezzi per fare civic hacking è personale: di fatto, ognuno sceglie come costruirla, da dove partire, che competenze metterci dentro. Eppure, ci sono delle cose che si trovano nelle cassette di tutti i civic hacker. Questa settimana parliamo della mentalità dei civic hacker.

DA LEGGERE IN MENO DI DIECI MINUTI

Affrontare un problema

Cos'è un hackathon? La parola deriva dai lemmi inglesi hacker e marathon. In parole povere, si tratta di maratone di lavoro su un problema concreto. Nati in seno alle comunità di attivisti, si sono diffusi a macchia di leopardo perdendo la loro connotazione civica/sociale.
La prima connotazione del civic hacker è proprio la volontà di lavorare ad un problema concreto.
Gli hackathon funzionano? Ni. Il tempo di solito è poco, le competenze limitate. Qualche prototipo si riesce a realizzare (se si è in una squadra affiatata), ma di sicuro dopo 48 ore non si possono lanciare prodotti funzionanti: diventa fondamentale inserire gli hackathon in percorsi più ampi, più lunghi, più sostenibili. Ne ha parlato Matteo in maniera più approfondita in questo post e in questa discussione in Spaghetti Open Data (nata a causa della scarsa partecipazione ad un hackathon organizzato a L'Aquila). 
 

Voler cambiare le cose non basta

Matteo Troìa, data scientist nella Commissione d’Inchiesta sulla Digitalizzazione e l’Innovazione della Pubblica Amministrazione, ci racconta i suoi primi mesi alla Camera dei deputati. In questo post riflette su come "voler cambiare le cose è tutto sommato facile, ma che provare a cambiarle non lo è affatto, e che il mondo si divide tra gli intenti di chi parla e propone, ma non agisce, e i tentativi di chi ci prova, giorno dopo giorno".
Fare civic hacking significa rendersi conto proprio che tra dire e il fare, c'è di mezzo e il (come cantavano Elio E Le Storie Tese).

C'è sempre qualcosa che puoi fare

Giovan Battista Vitrano è un dipendente del comune di Palermo con il pallino del civic hacking. Da Palermo, il Vesuvio che brucia è lontano, se ne occuperanno altri. Giovan Battista non la pensa così e ha creato questa visualizzazione su mappa dei danni creati dall'incendio (sfruttando i dati di Copenicus).
Utile? Probabilmente sì. Vedere la reale diffusione degli incendi (e il loro livello di potenziale distruttivo) aiuta a migliorare la consapevolezza: le foto non bastano a delineare l'emergenza.
Da Palermo, il Vesuvio sarà pure lontano, ma c'è sempre qualcosa che puoi fare.

NELLA LIBRERIA DI #CivicHackingIT

Sopravvissuto. The Martian di Andy Weir, Newton Compton Editore

La cosa più importante - a nostro avviso - nel civic hacking è proprio l'hacking. Avere una mentalità aperta a soluzioni nuove e/o inaspettate, concentrarsi su cosa si può fare concretamente per risolvere il problema e analizzare in modo critico le risorse.
Mark Watney, il botanico protagonista di questo romanzo, si trova da solo su Marte dopo una tempesta. La missione: sopravvivere. Le risorse: scarse.
Eliminando completamente il lato tecnologico (no, la tecnologia non è la risposta a tutti i problemi), Mark ci insegna cosa significa essere hacker. Anche se il civic hacking non tocca la sopravvivenza, senza la mentalità hacker non riesce ad essere efficace.
Buona lettura!

Erika e Matteo

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