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Se segui questa newsletter da un po', ti chiederai perché non abbiamo ancora parlato di hacker. Insomma, va bene civic, pubblico, comune, ma gli hacker? I danni? Fare le cose senza permesso? Che fine hanno fatto?
Questo numero parliamo di hacking (se ti interessa come bucare un sito, però, sei nel posto sbagliato). Prima di cominciare, una precisazione. Tecnicamente, il ragazzino col cappuccio che ti immagini quando leggi la parola hacker si chiama "cracker", l'uso improprio di hacker da parte dei media ci porta a fare confusione, ma noi non parleremo di cracker (né ragazzini, né merende), parleremo comunque di fare le cose senza permesso, di trovare soluzioni inaspettate e di come essere hacker nella propria quotidianità. Chiunque può essere un hacker, solo i programmatori e le programmatrici più competenti possono essere dei cracker - e a noi i club esclusivi proprio non piacciono.
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SEI UN HACKER, LO SAPEVI?
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Da dove partire quando si parla di hacker, hacking e compagnia hackerante? Un buon punto può essere questo blogpost di Arturo Di Corinto. Partendo da Stephen Levy, che per primo ha ricostruito la storia dell'hacking, Di Corinto arriva ai maker e alla quarta rivoluzione industriale: "La cultura hacker è diventata una metafora organizzativa dell’industria moderna intesa come sistema connesso, aperto e decentrato. Ma, anche se non ce ne accorgiamo più, l’influenza di questa cultura sta soprattutto nel metodo applicato alla risoluzione dei problemi, un metodo basato sul libero scambio di informazioni, la libera condivisione di idee e risultati, il libero utilizzo del patrimonio di conoscenze comuni.".
In calce al blogpost, trovi una buona bibliografia per continuare a curiosare nel mondo hacker. Nel corpo del testo trovi un sacco di link, nel caso tu senta l'esigenza di approfondire un po' di più prima di dedicarti ad una lettura più complessa.
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L'importante è pensare come un hacker
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Piccola parentesi da autori molesti: abbiamo una pubblicazione su Medium. Ci puoi trovare i nostri blogpost, ma anche traduzioni di alcuni pezzi che riteniamo interessanti. La segui?
Pubblichiamo meno di quanto vorremmo, ma ci hai dato un'occhiata in questi giorni?
Se non l'hai fatto, ti sarà sfuggita l'ultima traduzione che ha fatto Erika. Si tratta di un pezzo scritto nel 2014 da Tanya Snook, la cui tesi principale è che fare hacking è un atteggiamento, non un insieme di capacità. Ogni volta che abbiamo approfondito dei progetti di civic hacking, abbiamo verificato di persona che è più importante mettere in discussione le cose, rispetto a saper programmare in Python (o in qualsiasi altro linguaggio). Servono entrambe, ma la programmazione arriva solo fino ad un certo punto: è la creatività il vero punto di svolta. "Ma quanti di voi si sono presentati come hacker? Perché, probabilmente, dovreste. Il mio obbiettivo è, o di convincerti che hai fatto l’hacker fino ad ora, oppure che dovresti proprio cominciare".
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Salvatore Iaconesi è un hacker vero. Oltre ad aver hackerato il suo tumore al cervello (se non sai di cosa stiamo parlando, una veloce ricerca online ti darà tutte le risposte), è pure ingegnere (si interessa di big data e robotica) e artista. Ad inizio novembre, gli succede una cosa che può capitare a tutti: dimentica lo zaino con il computer al binario in stazione. La sua risposta è sfruttare quello che sa fare per venirne a capo, ma si trova di fronte un muro di gomma: la Procedura. Se stai pensando ad un fattore esterno, hai ragione solo in parte. Si scontra sì con le (quasi) demenziali regole di Polizia e PolFer, ma anche con il proprio modo inconscio di pensare: "Le tecnologie inventano noi tanto quanto noi inventiamo le tecnologie. [...]
Con queste tecnologie la prima (e sola) cosa che ci è venuta in mente è stata una opzione bellica: scovare, tracciare, colpire. Tracciare e colpire un mite signore che si è portato il nostro zaino attraverso la città, sull’autobus, per farcelo avere in sicurezza. Forse non è un caso. Forse le tecnologie ci stanno inventando, facendoci tendere a diventare degli efficientissimi soldatini della conoscenza e dell’informazione, che si fanno poche domande e che rispondono agli ordini algoritmici della loro filter bubble".
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NELLA LIBRERIA DI #CivicHackingIT
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Wizzywig di Ed Piskor, Panini Comics
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Dato che questo numero ha già parecchia carne al fuoco, abbiamo deciso di chiudere con qualcosa di leggero (più o meno). Questa graphic novel è la storia a fumetti di Kevin Phenicle, un ragazzo curioso e intelligente. Un hacker, una persona che vede gli ostacoli e li aggira, qualcuno che usa la propria sagacia per trovare soluzioni creative che - magari non cambiano il mondo - ma di sicuro strappano un "ah! Avrei dovuto pensarci anch'io!".
I disegni sono piuttosto "underground" (quindi possono piacere o meno), la storia piuttosto "nerd" e non ci sono colori. Se ti sembra una noia, preparati a ricrederti: si legge tutto d'un fiato e lo si adorerà a poco a poco. Kevin è un personaggio, non una persona, ma non importa: è un espediente per farci riflettere, per farci pensare, per ricordarci di essere hacker.
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Buona lettura!
Erika e Matteo
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Ps. come sempre, se trovi qualcosa di interessante a tema #CivicHackingIT, segnalacelo su Twitter.
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