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Sabato prossimo, il 3 marzo, ci sarà - in tutto il mondo - il quinto Open Data Day "un'opportunità per mostrare i vantaggi dei dati aperti e incoraggiarne l'adozione nel governo, nell'impresa e nella società civile". Quest'anno i temi su cui concentrarsi sono quattro: ricerca, denaro pubblico, ambiente e diritti umani.
Organizzerai o parteciperai ad un evento?
Secondo te, ha ancora senso festeggiare gli Open Data? Questa settimana cercheremo una risposta, nel frattempo, puoi leggere qualche opinione critica. Partiamo con un paio di analisi sulla situazione attuale, per finire con la crisi dei dati geografici. Secondo noi, le cose non vanno bene, ma potrebbero andare peggio. Forse siamo degli inguaribili ottimisti, ma siamo davvero convinti che costruire il cambiamento richiede del tempo (nonostante questo, non pensare che alcune cose legate ai dati aperti non ci frustrino immensamente).
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Come stanno gli Open Data?
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"Gli open data sembrano già vecchi vero? Qualcosa di superato, assimilato, scontato. Si parla infatti da tempo di big data, sensori, Internet of Things, smart cities, intelligenza artificiale, algoritmi e machine learning. Ma se guardo alla Pubblica Amministrazione mi rendo conto che c’è ancora tanta strada da fare verso l’apertura dei dati prima di poter andare oltre.
E allora proverei a ragionarci su". Così si apre il pezzo scritto da Felice Zingarelli, detto Felynx, che ripercorre la storia degli Open Data. Sono passati dieci anni da quando si è cominciato a parlare di Open Data, ha ancora senso ragionarci? Abbiamo ancora energie da spenderci?
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Nei giorni scorsi, Andrea Nelson Mauro ha pubblicato una riflessione sullo stato degli Open Data in Italia, intitolandola (provocatoriamente) Gli #OpenData in Italia nel 2018: “peggio che da noi solo in Uganda”.
"A parte rarissimi casi, l’ecosistema degli Opendata nella Pubblica amministrazione italiana è ai miei occhi di una desolazione disarmante. Manca tutto, a cominciare dalla strategia". La colpa è solo della Pubblica Amministrazione? No. Qualche colpa ce l'hanno anche gli attivisti come noi, le aziende, i cittadini. Facciamo fatica a trovare un modello sostenibile che coinvolga tutti gli attori della filiera (e che sia efficace per tutti). Forse è questa la sfida per i prossimi anni della storia dei dati aperti.
Ps. in Uganda stanno lavorando eccome sugli Open Data!
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Per noi, gli Open Data non sono solo numeri. Un po' perché tutte le comunità legate all'openness attraversano le stesse fasi, un po' perché data, secondo la Treccani, significa "elemento, in quanto offerto o acquisito o risultante da indagini e utilizzato a determinati scopi". Quindi, guardare a cosa succede nelle altre comunità non è tempo perso.
"Se OpenStreetMap si basa esclusivamente sulla manodopera non è in grado di lavorare con altri set di dati, la sua qualità nei dati continuerà a diminuire e il progetto alla fine ristagnerà e fallirà", così traduce Maurizio Napolitano una lunga riflessione sullo stato di OpenStreetMap. Nel pezzo ci sono anche altre cose interessanti per cui, come sempre, ti consigliamo di andare direttamente alla fonte.
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NELLA LIBRERIA DI #CivicHackingIT
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Se leggere questa newsletter ti ha un po' intristito, ti capiamo perfettamente. Anche a noi, leggermente. Quindi, dopo averla scritta - per ricordarci che gli Open Data possono essere anche divertenti - ci siamo messi a giocare con questo gioco da tavolo. Sviluppato nel 2015 (ma con tutti i sorgenti in GitHub), potrebbe essere un gioco da rispolverare per l'Open Data Day. Lo scopo del gioco è usare risorse - i dati - per costruire strumenti per migliorare il mondo in cui ti trovi. Ognuno gioca da solo, ma bisogna collaborare per evitare il declino di tutti. Non siamo sicuri di aver giocato nel modo migliore, ma ci siamo divertiti!
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Buona lettura!
Erika e Matteo
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Ps. come sempre, se trovi qualcosa di interessante a tema #CivicHackingIT, segnalacelo su Twitter.
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