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Solo a noi sembra che quando si parla di "fenomeni mondiali", ci si riferisca perlopiù a sviluppi americani (o, se tutto va bene, a cose che succedono nei Paesi del primo mondo)?
Anche quando si parla di civic hacking, ci scatta la lampadina in testa: Code for America. Al massimo, se proprio qualcuno specifica "fammi un esempio fuori dagli Stati Uniti", Ushahidi (la piattaforma di raccolta di informazioni nata in Kenya nel 2008) o mySociety. Non che questi esempi non siano calzanti, ma cosa succede nel resto del mondo? Africa, Asia, Oceania, Sud America, il resto dell'Europa, cosa succede lì?
Oggi abbiamo raccolto alcune fonti per cominciare a rispondere a questa domanda. Ci siamo resi conto che anche la nostra visione era parziale facendo alcune ricerche per una newsletter passata. La cosa è andata più o meno così:
"Hey ho trovato questa cosa interessante in italiano!"
"Davvero? Chi c'è dietro?" (il non detto è: qualcuno di nuovo o qualcuno con cui possiamo congratularci direttamente?).
"Non so, dal nome, direi un tedesco..."
"Ah, Franz Vogel?"
"No, un altro, Klaus Schultz".
I nomi sono di fantasia, ma il succo è che non ci era minimamente venuto in mente che potesse essere uno svizzero (che, in effetti, era), il che ci ha illuminato sulla nostra ignoranza sullo stato del civic hacking in Svizzera (che non è di certo un Paese del terzo mondo). Il che, a sua volta, ci ha messi di fronte al fatto che anche del rapporto di altri Paesi con il civic hacking sapevamo poco.
In questo numero, quindi, parliamo di cosa succede nel resto del mondo. Ovviamente, sono solo spunti, non abbiamo fatto un monitoraggio di tutte le nazioni del globo (anche se sarebbe dannatamente interessante) e le fonti non sono in italiano (ce ne rendiamo conto, ci siamo ricaduti, porta pazienza). In più, ci sono più link del solito. Non farti spaventare!
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Civic hacking remoto e misterioso
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Partiamo da Taiwan. Abbiamo trovato un resoconto delle attività del 2013, che Erika ha tradotto e pubblicherà i prossimi giorni in italiano. "Nel corso dello scorso anno, a g0v.tw abbiamo dimostrato come sia possibile combinare l’attivismo online con quello offline. Seguendo il modello creato negli ultimi vent’anni dalle comunità legate al software libero, abbiamo trasformato i social media in piattaforme di produzione sociale", così si apre il resoconto. L'analisi è interessante perché comincia con alcune problematiche tipiche di ogni progetto di civic hacking, per arrivare alle soluzioni di g0v.tw. Se a tutto questo, aggiungi la situazione politica delle isole, beh, il discorso si fa ancora più interessante.
La cosa che più ci ha colpito è l'analisi di come si possano far collaborare persone di generazioni diverse, nonostante la diversa confidenza con Internet e gli strumenti informatici.
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A quanto pare, in America Latina le mappe vanno per la maggiore. Un paio di esempi?
Ecuador, 2016. Un fortissimo terremoto, con epicentro a un centinaio di chilometri dalla capitale, devasta il Paese. Le mappe commerciali non sono aggiornate e chi ha voglia di aiutare si trova in una situazione complessa: capire cosa è stato distrutto e cosa no, dove si passa e dove no. Nasce così un progetto di mappatura umanitaria collaborativa su OpenStreetMap. Trovi una presentazione in spagnolo e una wiki in inglese e spagnolo in cui è spiegato tutto (compreso come essere ecuatoriani non fosse indispensabile per fare qualcosa).
Messico, sempre nel 2016. Mapillary organizza un incontro con un obbiettivo semplice: mappare un quartiere di Città del Messico, uno degli agglomerati urbani più grandi del mondo. La mappatura coinvolge associazioni, cittadini e geek esperti. Come sopra, ti incoraggiamo a leggere il resoconto (in inglese).
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La lista di altre esperienze di civic hacking potrebbe continuare all'infinito, ma permettici di concentrarci su un paio di posti da cui siamo stati stupiti.
Il Pakistan, a quanto pare, comincia ad avere la sua buona dose di civic hacker. Sheba Najmi, Ali Raza e Ali Khan sono solo alcuni dei nomi che stanno portando il civic hacking anche in Pakistan.
In Africa, in particolare in Kenia, le cose non si sono fermate con Ushahidi, ma si sono evolute in un vero e proprio movimento a cavallo tra civic hacking e civic tech. A Nairobi, tra il desiderio di trasparenza, l'esigenza di fact checking e il bisogno di risolvere problemi concreti, Code for Africa ha sviluppato una palestra piuttosto interessante, di cui puoi leggere in inglese su Medium.
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NELLA LIBRERIA DI #CivicHackingIT
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Breve storia di (quasi) tutto di Bill Bryson, TEA
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A proposito di ammissioni di ignoranza... Bill Bryson è uno scrittore di viaggi, ma in questo libro si stacca decisamente dalla sua area di competenza. Come ci racconta lui stesso nell'introduzione, ha deciso di scrivere un libro di divulgazione scientifica perché ha scoperto di essere piuttosto incompetente in materia. Con molta ironia, saltella da un concetto all'altro (e da una persona che si occupa di scienza all'altra), trascinandoci con lui alla scoperta di un modo diverso di vedere la scienza. Come tutte le cose, nemmeno questo libro è perfetto (c'è una pagina wiki su tutti gli errori che ha inserito nel libro), ma è una lettura piacevole e non smentisce da nessuna parte che la risposta fondamentale alla vita, l'universo e tutto quanto sia 42 (quindi, può continuare a stare nella nostra libreria).
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Buona lettura!
Erika e Matteo
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Ps. come sempre, se trovi qualcosa di interessante a tema #CivicHackingIT, segnalacelo su Twitter.
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