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Locale significa specifico di un luogo, ma come si fa a stabilire i confini di un luogo? Domanda scema, dirai. Facci fare allora un esempio specifico.
Hai presente il prosecco? Noi siamo veneti e, beh, ce l'abbiamo presente eccome. Nato come eccellenza con un terroir piuttosto specifico (Conegliano e Valdobbiadene), adesso è una DOC con 460 milioni di bottiglie nel 2017 (stando alla rivista Enos) che ha portato i vigneti di quasi tutto il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia ad essere accorpati sotto l'etichetta di "locale". In questo caso specifico, ovviamente il locale originario non corrisponde minimamente al locale che ci troviamo di fronte oggi. Non stiamo a sindacare su giusto-sbagliato e sulle motivazioni economiche della scelta, ma se del civic hacking possiamo dire che ha una forte componente locale, dove si ferma questo "locale"? Per alcuni alla porta di casa, per altri alla propria strada, al proprio quartiere, alla propria città. Se, invece, quest'idea di locale fosse ancora più ampia?
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Sai dove finisce il tuo luogo specifico?
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openpolis è una fondazione che seguiamo con particolare interesse: un po' perché non hanno paura di sporcarsi le mani con i dati, un po' perché rendono piuttosto semplice capire fenomeni anche decisamente complessi.
Come, ad esempio, le campagne elettorali o le presenze dei parlamentari durante le votazioni. Qualche settimana fa, nella sezione Watchdog (che sottotitola "L’importanza della trasparenza e dell’accountability nel rapporto tra cittadini e istituzioni. Inchieste e campagne sul potere politico, e su come viene gestito") è comparso un articolo che ci spiega un po' di cose, tipo perché alcune assenze alle votazioni elettroniche in aula sono più problematiche di altre. "Alle votazioni elettroniche in aula, unico modo per tracciare il tasso di partecipazione ai lavori, un parlamentare può essere assente, presente o in missione. In quest’ultimo caso il politico non partecipa al voto perché è occupato per compiti istituzionali. È il caso per esempio di chi svolge compiti istituzionali nelle commissioni permanenti o nell'ufficio di presidenza o, come nel nostro caso, fa anche parte del governo. È proprio sulle missioni che si nascondono però numerosi problemi in ambito di trasparenza. Alla fine di ogni seduta il presidente dell’aula elenca i parlamentari in missione e ne specifica per ciascuno la commissione per cui stanno lavorando. Tuttavia non si precisa l’attività esatta che ne giustifica l’assenza né la durata. In altre parole è possibile sapere chi non è presente perché in missione, ma non per quale motivo di preciso e per quanto tempo non ci rimarrà". Come sempre, ti consigliamo di leggere tutto l'articolo, non solo il nostro estratto.
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Che gli Open Data non siano ancora considerati un'infrastruttura, anche se dovrebbero, è già di per sé una cosa problematica. Se a questo si aggiunge che ci sono segnali preoccupanti sulla direzione che stanno prendendo alcune pubbliche amministrazioni a riguardo (alleghiamo prova uno, prova due e prova tre), la preoccupazione di alcuni attivisti è lapalissiana. "Il nostro mondo è sempre più caratterizzato dalla pubblicazione di dati e contenuti online, spesso con licenze aperte. Purtroppo a quest’abbondanza non corrisponde in generale altrettanto impegno - politico, economico, tecnologico - perché questi contenuti siano disponibili sempre e per sempre [...]. Pensiamo che la società civile debba riconoscere l’inestimabile valore dei dati aperti pubblicati e si debba adoperare perché non rischino in alcun modo di essere perduti o, con conseguenze simili, diventare non disponibili. Come accadde per i monaci benedettini in epoca medievale, è tempo di porsi il problema di mettere al sicuro tutti questi dati dall'impatto di qualsiasi catastrofe che li possa colpire, perché rimangano patrimonio pubblico", così si apre il progetto Scriptorium Digitale. Chissà che fra qualche secolo non si pensi a noi come ai monaci benedettini, che si saranno pure rotti le scatole a ricopiare tutto a mano, ma senza di loro a che punto sarebbe la conoscenza?
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Bruxelles è lontana, se tutto va bene ci sarà, tra la tua lista di contatti, una persona che ci abita. Come fare a considerarla "locale"? Eppure siamo anche cittadini europei, no? Queste settimane, forse, ce ne si è resi conto più che in altri periodi - e non parliamo di Brexit, ma di copyright. Non hai assolutamente idea di cosa stiamo parlando? Articolo 13! Ancora niente? Eppure Wikipedia in lingua italiana è stata oscurata per qualche giorno. Ancora niente?
Ok, parti da Valigia Blu che a febbraio ci ha dedicato un approfondimento. Dopodiché, passa ad un pezzo di Massimo Mantellini per Il Post e chiudi con le reazioni dei politici italiani raccolte da Fabio Chiusi.
"Non ho voglia di soffermarmi sulle decisioni prese oggi a Bruxelles. Sono questioni tecniche e difficili per tutti. Sono, per quanto mi riguarda, se proprio dovessi fare una sintesi, decisioni stupide (perché non porteranno a niente di concreto) e potenzialmente pericolose per tutti noi. Ma lascio ad altri la disamina.
Il teatrino di questi giorni, rispetto alle precedenti messe in scena dei vecchi lobbisti del copyright, ha previsto la comparsa di nuovi nemici (le piattaforme cattive americane, Facebook e Google, gli unici per capirci che oggi hanno i soldi, quelli che non pagano le tasse). Costoro hanno sostituito gli utenti cattivi, i pirati di Napster o quei pericolosi terroristi che duplicavano le canzoni su cassetta uccidendo i posti di lavoro, e hanno aggiunto un minimo di credibilità ad una battaglia che, nel caso odierno, è stata banalmente lo scontro fra due lobby diverse. Con la politica nel mezzo a fare la figura del tonto (non finto, un tonto vero), quello che non capisce e che si fida (di questo o di quello, a seconda)", giusto per citare Mantellini.
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NELLA LIBRERIA DI #CivicHackingIT
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Ready player one di Ernest Cline, DeA Planeta Libri
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Definire il "dove" di Wade è un po' complesso, figurarsi decidere cos'è il suo "locale". Perché Wade vive in un futuro non troppo lontano e, sebbene abbia una casa fisica nel mondo reale - precisamente in Ohio, passa quasi tutto il suo tempo su OASIS, un mondo virtuale ben più invasivo di Second Life.
Questo romanzo del 2010 (che trovi anche in formato epub) è tornato sotto le luci della ribalta dopo che, nel 2018, ha subito un adattamento cinematografico sotto l'occhio attento di Steven Spielberg (il che, come puoi immaginare, significa che ci hanno investito svariati milioni di dollari).
L'arco narrativo è piuttosto classico: morte del maestro, missione dell'eroe, riscatto, vittoria, ma la dimensione "virtuale" lo rende piuttosto interessante. O meglio, la contrapposizione con il mondo offline. Tutta la vicenda riguarda la salvezza di OASIS, che è una creazione di un'azienda e ha cannibalizzato a tal punto la realtà virtuale da comprendere tutto: social network, giochi, istruzione. Del "locale" reale, l'Ohio per capirsi, e del suo stato di salute quasi non si preoccupa nessuno: la fuga dalla realtà è il centro di tutta l'avventura. Il dove è indifferente, tanto è virtuale. Comunque, tutti i riferimenti pop e agli anni Ottanta rendono questo romanzo piuttosto divertente, anche se non era sicuramente lo scopo dell'autore.
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Buona lettura!
Erika e Matteo
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Ps. come sempre, se trovi qualcosa di interessante a tema #CivicHackingIT, segnalacelo su Twitter.
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