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Questa pagina è una copia di archivio della newsletter di #CivicHackingIT.
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Computer, donne, presentazioni
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Quando abbiamo fatto il calendario editoriale per la newsletter, abbiamo deciso di dedicare questa settimana e la prossima agli eventi a cui siamo stati ultimamente (tipo il WordCamp di Torino e SOD19, il raduno di Spaghetti Open Data a Milano). Abbiamo deciso di partire con i materiali di Erika per una questione temporale: da Torino è passato un po' di tempo.
Sia a Torino che a Milano, Erika ha deciso di puntare il faro sulle donne: prima chiedendosi se anche lei fosse una donna in tech e, successivamente, sottolineando alcune cose che ha vissuto sulla propria pelle (sia che la si consideri in tech o meno, Spaghetti Open Data è una comunità piuttosto tecnica di cui Erika fa parte da alcuni anni). Quello che non avevamo calcolato è l'impatto che la discussione al raduno di Spaghetti Open Data ha avuto. Noi pensavamo di andare a raccontare banalità e invece...

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L'ho visto su Cosmopolitan!

Gli anni Sessanta

"Chiedi a qualcuno di descriverti chi scrive codice: probabilmente, al giorno d'oggi, sarà più facile che ti descriva un ragazzo bianco di classe media con felpa, jeans e una maglia nerd, invece che una ragazza con una cofana e una minigonna. Ma, negli anni Sessanta, erano proprio loro le programmatrici tipiche" ci racconta Elaine Burke su Silicon Republic. Di programmatrici si parlava su Cosmopolitan, una rivista che si rivolge tuttora ad un pubblico prevalentemente femminile.
Cosa è cambiato da allora?
Se lo chiede anche il The New York Times Magazine con un post di Clive Thompson (tradotto in italiano da Internazionale nel numero 1297). "The capacity of most computers at the time was quite limited; the IBM 704 could handle only about 4,000 “words” of code in its memory. A good programmer was concise and elegant and never wasted a word. They were poets of bits. [...] What sort of person possesses that kind of mentality? Back then, it was assumed to be women".
Quindi, uomini smettetela di dire che "donne e computer, gioie e dolori" e donne, se ve lo dicono, non credeteci. Nemmeno per un secondo.

Come è fatta una donna in tech?

Su chi sia una donna in tech a tutti gli effetti ci ha riflettuto anche Erika - che, data la sua anima umanista, fa proprio fatica ad ammettere di esserlo pure lei.
Ne ha parlato a Torino, di fronte ai partecipanti al WordCamp. "Io sono un’umanista: quando mi dicono che sono una nerd, rispondo sempre 'una biblio-nerd!'. A me piacciono le parole più dei bit [...]. Io non sono una donna in tech. Quando mi avvicino al computer racconto storie, faccio varie forme di comunicazione, scrivo. Di sicuro, però non compilo codice, non scrivo programmi, non lavoro al back-end di un bel niente. [...] Sottotitolo, io non sono una donna in tech, che ci vengo a fare a Torino? Alice non ci ha creduto: 'Come non hai una storia! Sei o no una delle poche donne in Italia a scrivere/parlare attivamente di civic hacking? ;) Sei una donna in tech con tutte le scarpe 😉 e ai WordCamp si parla anche di queste cose.' Sull’essere una donna in tech con tutte le scarpe, ci torneremo, per quanto riguarda il civic hacking, con una newsletter settimanale, un blog dedicato e un libro in scrittura, beh quello non posso negarlo, nemmeno la mia anima umanista può dire 'ma va là, non è vero!'".

Ps. Elisabetta Tola - una delle donne in tech di cui ha parlato - sta organizzando Chips&Salsa a Genova, il 14 giugno. Si tratta di "un incontro ad iscrizione gratuita che mescola minitalk (molto basati sul dietro le quinte), ask-me-anything e workshop vari, con focus su giornalismi interattivi, digitali e mediterranei". Qui ci sono tutte le info e il programma: https://chipsandsalsa.it/.

Ok, il mondo fa schifo. Cosa ci posso fare concretamente?

Come ricorderai dall'ultima newsletter, Erika a SOD19 ha proposto un talk sui bias cognitivi e sul pregiudizio che la tecnologia sia una cosa da uomini. Partendo dalla sua esperienza personale, ha raccolto anche una serie di consigli pratici da applicare da subito, non solo dentro Spaghetti Open Data.
"Concentrandomi solo sulle cose visibili di cui abbiamo parlato finora, posso dire che, pur essendo parte di una minoranza di questa comunità, non sono una mosca bianca, anzi. Una parte della comunità ha caratteristiche che coincidono con le mie. Quella strana sensazione di essere più unica che rara, però, non se ne va. Se mi avete seguito nel discorso, vi è chiaro che ci sono delle parti della mia identità che sono palesi (tipo che sono una donna e che sono dietro a questo tavolo per la prima volta), altre no (tipo non sapete che lavoro faccio, ma nemmeno quale sia il mio stato civile o il mio orientamento sessuale). E quindi? [...] Spero, però, che giunti a questo punto concordiate con me: anche concentrandoci solo sui numeri che abbiamo visto, le donne non partecipano a questa comunità allo stesso modo degli uomini. Che facciamo? Andiamo a prenderle a casa e le obblighiamo? Non è fattibile, dai. Però da qualche parte un problema c’è e dobbiamo ammetterlo.
[...] Si comincia col dare a Cesare quello che è di Cesare. Nello screenshot vedete uno scambio sull’open-washing, una delle cose che io e Matteo Brunati abbiamo approfondito nel nostro blog su Medium. 'L’open-washing è una delle criticità del movimento Open Data. Matteo ne ha parlato su Medium'. Vero, Matteo ci ha fatto un post, ma nel nostro blog ci sono sei post taggati open-washing e solo uno è di Matteo. Che, infatti, lo sottolinea citandomi e inserendo il link al tag. Ogni volta che ci 'dimentichiamo' di qualcuno stiamo dicendo che il suo lavoro non conta o, peggio, che quella cosa non è affar suo."

NELLA LIBRERIA DI #CivicHackingIT

Liberati della brava bambina. Otto storie per fiorire di Maura Gancitano e Andrea Colamedici, HarperCollins

Le donne in tech non se la passano molto bene, ma neanche le donne nell'editoria hanno vita facile: le scrittrici vengono lette meno e vincono meno premi - nonostante la lettura sia femmina - e ai vertici delle case editrici spesso ci sono degli uomini - nonostante il resto del settore sia ampiamente popolato di donne.
Questa settimana, complice l'argomento, ci tenevamo a consigliarti qualcosa scritto e pubblicato da una donna. Semplice no? Non tanto. Dopo aver cercato per ore, abbiamo chiesto su Twitter e questo libro di recente pubblicazione è stato consigliato anche a noi (grazie Mafe!).
Attraverso l'analisi di otto personaggi di sesso femminile, ci troviamo a mettere un sacco di punti di domanda alla fine di diversi pregiudizi (o stereotipi) che riguardano l'essere donna. Le recensioni sono piuttosto positive, gli autori due filosofi e chi l'ha consigliato di libri se ne intende. Cosa volere di più?
Buona lettura!

Erika e Matteo
 
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