[NOTA]
Questa pagina è una copia di archivio della newsletter di #CivicHackingIT.
[FINE NOTA]
Open Data, requestathon e idee
Non riesci a leggere questa mail? Usa il browser!
Dopo i materiali di Erika, eccoci con quelli di Matteo che ultimamente si sta chiedendo come sarebbe il mondo dei dati se si facesse un po' più di attenzione al lato della domanda. In teoria, il concetto è piuttosto semplice: alle Amministrazioni vengono richiesti dei dati e loro li rendono disponibili, li tengono aggiornati e si parlano tra di loro per avere tutte gli stessi dati. In pratica, tra dire e il fare c'è di mezzo 'e il', come cantavano Elio e le storie tese qualche anno fa.

Matteo ha provato ad affrontare la questione immaginando un servizio che ancora non esiste, ma anche cosa serve a creare una relazione bidirezionale tra chi i dati li chiede e chi i dati li pubblica. Perché di quello si tratta: una freccia a due sensi che collega chi fa le domande e chi ha le risposte - semplice, almeno in teoria.

Ps. Hai visto che abbiamo un PayPal per la newsletter? Ci piace che sia gratis, ma se la leggi volentieri, quello è un buon modo per farcelo sapere.

Serve ancora parlare di dati aperti?

Dopo dieci anni di Open Data

"Un contributo molto importante nel portare l'attenzione sull'importanza dell'apertura dei dati viene dall'allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama che, con il memorandum Transparency and Open Government del 2009 dove, l'open data diventa la prima necessità al fine di creare trasparenza, partecipazione ed engagement. Da quel momento in poi il dialogo fra gli attivisti che chiedono dati e decisori politici diventa più semplice" sostiene Maurizio Napolitano in un blogpost per AGI. Continua con: "Per ottenere la sostenibilità di un processo di apertura dei dati è necessario concentrarsi sul vantaggio per il data provider. Già la sola azione di cominciare a prendere visione dei propri dati e trovarne le inefficienze è un vantaggio non indifferente.[...] Si tratta di una considerazione importante e da non sottovalutare, per fare comunque un ulteriore salto di qualità è opportuno però fare una ulteriore considerazione: considerare i dati della pubblica amministrazione come un bene comune: una risorsa condivisa da tutti da cui chiunque può trarne vantaggio e che nessuno vuole vedere privata".
Questo, almeno in teoria...

Lo sportello unico (che ancora non esiste)

Già nel 2017 Matteo fantasticava di uno "sportello unico" per gestire la domanda di Open Data (concretizzandolo un po' di più in un blogpost del 2018). Per il raduno di Spaghetti Open Data di un paio di settimane fa si è spinto oltre: si è immaginato l'esperienza di Marco Rossi - un cittadino qualunque alla ricerca di dati - in un mondo ideale. "Facciamo finta che questo 'sportello unico' sia fattibile e che il Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP in breve) abbia dato il suo consenso per la realizzazione di quest’azione all’interno del piano d’azione. Immaginiamo un ente pubblico (il DFP, l’AgID o un terzo) quale referente e responsabile di questo canale di relazione. Immaginiamo di essere coinvolti nella fase di progettazione (progettazione, sottolineo, non consultazione) con un giusto rapporto tra costi e benefici per la partecipazione. Facciamo finta che questo 'sportello unico' sia accessibile da un indirizzo web facile da ricordare e immediato, tipo chedati.(gov).it". Uno sforzo immaginativo non indifferente che ha portato a un blogpost in cui Marco Rossi non se la passa per niente male. Almeno finché non si confronta con la realtà...

La domanda di Open Data

Come ricorderai dalla newsletter di qualche settimana fa, Matteo al raduno ha proposto una momento di riflessione sul ruolo degli Open Data e sul perché sia le Amministrazioni che gli attivisti dovrebbero concentrarsi sulle richieste di dati (soprattutto le Amministrazioni che i dati li hanno in carico). Partendo dallo sportello unico (che ancora non esiste) per raccogliere la domanda di Open Data, si è trovato a chiedersi come "monitorare" i non-dati, che sono di due categorie: quelli che non ci sono - ma dovrebbero - e quelli che ci sono da qualche parte - ma non dappertutto.
"Il vantaggio di essere nel 2019 è quello di avere già degli Open Data pubblicati dalle amministrazioni. Una parte dei dati a cui possiamo avere accesso è già chiara, proprio perché ci sono enti che già li pubblicano. Se un ente di pari livello amministrativo non ha pubblicato ancora quel dato, ricordargli che dovrebbe farlo è una questione di pochi istanti (far presente attraverso una richiesta di accesso o un tweet, ad esempio, al proprio comune di residenza che nel comune vicino i dati ci sono potrebbe essere piuttosto efficace). L’impatto potenziale di un’azione del genere è l’aumento della copertura di quel dato (la copertura a macchia di leopardo è una problematica di qualità del dato che ne riduce il potenziale di riuso).
Invece di ragionare sul come gestire una domanda centralizzata di dati, perché non pensare ad un portale che mostri i NON DATI italiani, anche in maniera provocatoria? Ossia, tutti quei dati non compresi nel punto 1 che dovrebbero essere Open Data, ma ancora non lo sono. Evidenziare questo tipo di dati potrebbe far crescere una maggiore consapevolezza della loro utilità nella società civile, ma anche nelle Amministrazioni Pubbliche". Nel caso non fosse chiaro, tutto il blogpost è da leggere

NELLA LIBRERIA DI #CivicHackingIT

Cittadini ai tempi di Internet di Alfonso Fuggetta, Franco Angeli Editore

Tutta questa faccenda della domanda dei dati sta sotto una grande - anzi enorme - questione: nel 2019, cosa vuol dire essere cittadini? Non è la prima volta che lo leggi in questa newsletter, perché la cittadinanza (soprattutto se la abbiniamo all'aggettivo 'attiva') è una questione che ci sta a cuore, che ci smuove domande e che ci fa cercare risposte.
Alfonso Fuggetta, professore del Politecnico di Milano, in questo saggio si chiede se e come internet e la Rete hanno cambiato il nostro sentirci cittadini. In particolare, vuole dimostrare come le fondamenta della società di cui facciamo parte siano state cambiate radicalmente dalle (ormai non più tanto) nuove tecnologie. Parla anche di policy, di strategia pubblica, di computer intesi solo come meri strumenti. Fa nascere un sacco di domande, innanzitutto su cosa significa prendersi cura del posto che ci ospita - virtuale o reale è davvero ininfluente.
Buona lettura!

Erika e Matteo
 
Ps. come sempre, se trovi qualcosa di interessante a tema #CivicHackingIT, segnalacelo su Twitter.
Condividi su Facebook!
Condividi #CivicHackingIT!
La newsletter ti piace? Faccelo sapere con una donazione su PayPal.
Civic hacking - sito
#CivicHackingIT su Twitter
#CivicHackingIT su Medium
Questa mail ti arriva perché ti interessa aggiornarti sul civic hacking in Italia e le sue connessioni (con qualche occasionale spunto dall'estero). La newsletter nata nel 2017, il blog su Medium e il libro (in scrittura) sono curati da Erika Marconato e Matteo Brunati.
 
Vuoi far sapere loro qualcosa? Usa la mail.

Sei o conosci un editore a cui potrebbe interessare pubblicare il libro? Parti da qui.


Conosci qualcuno che potrebbe essere interessato a questa newsletter? Inoltra la mail.

Hai perso un numero passato? Recupera l'archivio.

Non ti interessa più ricevere queste mail? Clicca e smettiamo di scriverti!
 
*|REWARDS|*