[NOTA]
Questa pagina è una copia di archivio della newsletter di #CivicHackingIT.
[FINE NOTA]
Serve la grana
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Qualche tempo fa, stavamo parlando con una persona che ci ha guardato e, con faccia seria, ci ha detto: "certo che fare civic hacking è una cosa per ricchi...".

Ci pensiamo da allora. Noi stessi possiamo dedicarci a questa newsletter (e a tutte le cose a essa collegate) perché abbiamo una certa stabilità: non siamo ricchi, ma non facciamo nemmeno fatica ad arrivare alla fine del mese. Nonostante questo, quando Franco Morelli e Francesca De Chiara hanno deciso di sostenere questa newsletter (questo numero in particolare ti arriva proprio grazie a loro), un po' di sollievo l'abbiamo provato. Da una parte abbiamo sentito un riconoscimento per il nostro lavoro - tema a cui Erika è particolarmente sensibile -, dall'altra abbiamo capito che questa newsletter non è uno sforzo solo nostro.

Tornando all'argomento di oggi: quella persona aveva ragione e fare civic hacking è solo per ricchi? Partiamo dalla piramide di Maslow (se non sai cos'è, la trovi nel primo link), per poi spostarci su privilegi, inclusione e diversità. La nostra risposta alla domanda, però, è che avere la possibilità di fare civic hacking, volontariato o di prendersi cura della cosa pubblica è un vantaggio enorme e sta a chi ce l'ha far sì che queste cose non siano elitarie.

Molte delle risorse che ti segnaliamo oggi sono in inglese, la prossima settimana cercheremo di farci perdonare e tornare a più link in italiano.

Ps. Hai visto che abbiamo un PayPal per la newsletter? Ci piace che sia gratis, ma se la leggi volentieri, quello è un buon modo per farcelo sapere.

Aspetta un secondo che sfoggiamo il Rolex

Maslow e i suoi solidi

Di solito ci piace introdurre i link, mettere una citazione dal blogpost, spiegare il contesto. Oggi no. Lasciamo tutto la spazio alle parole di Annamaria Testa per Internazionale (tranne per la raccomandazione di leggere anche il resto del blogpost, ne vale la pena).
"Maslow è uno psicologo umanista, figlio di ebrei russi immigrati negli Stati Uniti. A differenza di molti suoi colleghi dell’epoca, non è interessato alla malattia mentale, ma alla salute psicologica delle persone e allo sviluppo delle potenzialità individuali. Del marketing non gli interessa un fico secco, e il fatto che a partire dalle sue teorie in seguito si siano sviluppati prodotti e tecniche di vendita l’avrebbe come minimo lasciato perplesso.
La piramide dei bisogni che Maslow concepisce è una rappresentazione semplice, intuitiva e potente di tutto quanto suscita la nostra motivazione (l’energia che ci muove verso il raggiungimento di un risultato).
In sostanza: ogni volta che percepiamo una mancanza (un bisogno), ci sentiamo irrequieti e infelici. Dunque, ci diamo da fare per soddisfarlo. L’energia che anima il nostro darci da fare, la motivazione, è tanto più intensa quanto più il bisogno che ci agita è urgente e fondamentale.
Maslow sostiene che i bisogni che noi percepiamo sono organizzati in maniera gerarchica e che i bisogni fisiologici (cibo, sonno, riparo…) sono i più prepotenti: ci occuperemo dei bisogni di livello superiore solo dopo, e a condizione di, aver soddisfatto quelli più basici.
In origine Maslow distingue cinque livelli di bisogni: fisologici, di sicurezza, di amore e appartenenza, di riconoscimento sociale e autostima, di autorealizzazione. In seguito ridisegnerà i livelli superiori, e negli anni novanta, a partire dai suoi scritti, altri autori collocheranno in cima alla piramide il bisogno di trascendenza: non dimentichiamoci che Maslow è uno psicologo umanista, fiducioso nella capacità di automigliorarsi delle persone, e che concepisce la piramide stessa come guida per la crescita individuale e sociale.
La gerarchia di Maslow può cambiare in diversi contesti o culture, o nelle diverse percezioni soggettive (questo significa che non tutte le singole persone sono ugualmente sensibili a tutti i bisogni, in quell’ordine) e nel dettaglio è stata più volte discussa. Tuttavia la struttura piramidale di base, nella sua semplice intuitività, conserva ancora oggi il suo valore.
Ed eccoci al punto, e ai dibattiti più recenti: chi abbia in mente la piramide dei bisogni non può stupirsi che chi si sente insicuro e poco protetto, abbandonato a se stesso, fragile, minacciato e pieno di incertezze."

Farsi due domande

Hai mai pensato al fatto che sei in una posizione privilegiata? Non parliamo di quanto guadagni, ma del fatto che ti trovi in una posizione più favorevole di altri. Anche se non ci conosciamo, di te sappiamo che sai leggere, che hai una buona digital literacy - ovvero sai usare il computer o lo smartphone, hai la possibilità di accedere a Internet e alla corrente elettrica (il fatto che tu abbia anche un ottimo gusto che si manifesta con l'iscrizione a questa newsletter è del tutto secondario :D).
Come vedi, anche solo considerando queste cose, stai meglio di altri. Tatiana Mac, una graphic designer americana, ha cercato di spiegare tutta questa faccenda dei privilegi come se fossero un plugin.
Si parte con i termini e le condizioni di utilizzo. Per molti di noi, questo è un discorso scomodo e non è una cosa a cui pensiamo tutti i giorni. Per capire come funziona, dobbiamo armarci di curiosità e ascoltare chi ne parla.
Si continua con lo stereotipo del privilegiato: bello, ricco e famoso (o bellissima, ricca e famosa). Ma la definizione è ben diversa: "vantaggio che può essere attribuito a una o più persone e che consente di sottrarsi a determinati obblighi".
Si parla anche di bias e altre cose di cui non tutti sono esplicitamente consapevoli. In ogni caso, per vedere come va a finire e come funziona il plugin, ti lasciamo il link del video.

E quindi dove sta il civico?

"The true meaning of the word 'technology' encompasses all useful tools, not only the digital. Since this isn’t an automatic insight for the civic tech community, it is especially vital that we remain conscious of the range of necessary skills when developing our strategies. To solve problems with the power-distant public, digital work must be put in service to information gathered through use of “soft skills” like training, like facilitating, outreach, and liaising. People who are not comfortable with technology often do not feel empowered by interacting with it — but everyone feels empowered when they are listened to or taught new skills.
But what if I don’t have a problem with the way power currently works?
Although I know many share my belief that the point of civic tech is to serve the real needs of a power-distant public, I also know this opinion isn’t universal. Based on an unscientific survey of the noises made by my seatmates during the summit plenaries, I know some people seem more excited about projects that seemed to provide an aesthetically-pleasing satisfaction of civic 'wants.'
I can understand the logic of this. 'Wants' can certainly seem more real than 'needs' because government workers are more likely to hear them. 'Wants' tend to be expressed by people who are both comfortable – and comfortable working with government. Projects that aim to further the seamlessness of the government experience for this community mean more pleasant interactions with people who have a demonstrated capacity to make themselves heard. Furthermore, these wants likely resonate deeply within the civic technology community as it’s currently constituted. As an educationally and economically privileged community, we are more likely to have experienced these wants ourselves" ci dice Emily Shaw
in un blogpost lungo
, ma decisamente interessante. (La questione del civic hacking e il potere e il fare le cose per persone come noi l'avevamo affrontata anche un po' di tempo fa in una traduzione, se proprio l'inglese ti è ostico e non hai mai avuto modo di riflettere su questi argomenti).

NELLA LIBRERIA DI #CivicHackingIT

Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello, Liber Liber

Mattia è un uomo decisamente pieno di fortune: agi e denari non gli mancano, ma nemmeno amori e corteggiamenti. Almeno all'inizio delle sue avventure.
In questo romanzo del 1904 Pirandello si diverte a creare un personaggio zuppo di privilegi, per poi farlo morire non una, non due, ma ben tre volte. Un personaggio che riflette su cosa significa vivere la vita propria e quella di qualcun altro, mettendo in discussione cose che sembrano scontate: il proprio nome, il proprio lignaggio, il proprio ceto e, sì, anche i propri problemi. Per il signor Pascal trovarsi nelle scarpe di qualcun altro (con altre costrizioni e altre virtù) è difficile al punto da farlo sentire inesistente, vivo sì, ma defunto.
Per fortuna, capire le dinamiche di potere e provare empatia sono cose che non richiedono di morire, né per finta né per davvero.
Buona lettura!

Erika e Matteo
 
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