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In questa newsletter abbiamo parlato più di qualche volta di pubblico dominio (che è diverso da dominio pubblico), ma ci siamo resi conto di aver dato per scontato che tutti sapessero di cosa si parlava. Oggi rimediamo.
Se non hai proprio idea di cosa sia il pubblico dominio, continua a leggere (altrimenti salta direttamente alla parte con i link dove ti raccontiamo un paio di cose interessanti che sono successe ultimamente).
Torniamo all'argomento della newsletter. Tagliandola con l'accetta, c'è una norma che protegge legalmente le opere d'arte e di ingegno - ma non solo - per un determinato numero di anni (che varia di Stato in Stato). L'idea di fondo è che chi sviluppa un'idea o brevetta qualcosa possa avere un giusto riconoscimento del proprio lavoro, dopodiché la cosa diventa di tutti, abbastanza letteralmente. Insomma, copyright e brevetti hanno una data di scadenza, come lo yogurt (in Italia si tratta di 70 anni dalla morte dell'autore). Ma, al contrario dello yogurt, quando scadono non sono da buttare: le opere che entrano nel pubblico dominio sono cose che diventano utilizzabili da tutti - anche per generare profitto (esempio concreto, se vuoi puoi pubblicare gli scritti di Manzoni e venderli per guadagnarci).
Nonostante i tentativi di alcune grandi multinazionali, Disney per dirne una, ad un certo punto non si può più reclamare il gioco tutto per sé, bisogna condividerlo. Oggi parliamo di cosa succede quando il gioco diventa di tutti.
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Cultura vecchia, cultura nuova
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Nel caso ci fossero dubbi sulle biblioteche
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Se non ti piacciono le biblioteche, forse questa sarà la cosa che ti farà cambiare idea. Uno dei compiti delle biblioteche è garantire l'accesso alla conoscenza, ma anche preservarlo per il futuro (come dimostra l'esperienza della nostra città).
Nel caso ci sia bisogno di dimostrare quanto le biblioteche - e la gente che ci lavora dentro - siano straordinarie, sappi che negli Stati Uniti c'è un gruppo di bibliotecari e archivisti che digitalizzano e rendono disponibili le opere in pubblico dominio. Fin qui, nulla di strano, se non fosse che la copertura normativa statunitense è un po' bislacca e ci sono libri che tecnicamente non sono ancora entrati nel pubblico dominio, ma praticamente sì: nell'articolo di Karl Bode per Vice scopriamo che sono tra quelli pubblicati tra il 1923 e il 1964. Le cose semplici non piacciono, quindi molti di questi libri sono in pubblico dominio, invece altri no e bisogna controllare a mano.
"Historically, it’s been fairly easy to tell whether a book published between 1923 and 1964 had its copyright renewed, because the renewal records were already digitized. But proving that a book hadn’t had its copyright renewed has historically been more difficult, New York Public Library Senior Product Manager Sean Redmond said.
'Part of the difficulty is that you're proving a negative—that it's copyright wasn't renewed—so you're looking for the lack of a record,' Redmond told Motherboard. 'There was no way to make lists of public domain candidates.' So as part of a massive undertaking, the NYPL recently converted many of these records to XML format, making it significantly easier to automate the process."
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"Dicevo all’#HackFVG19: una Costituzione visuale sarebbe molto utile in ambito scolastico soprattutto nell'ora di educazione civica. La lezione risulterebbe più stimolante, coinvolgente e divertente" scrive Giovanni Pirrotta su Twitter un paio di mesi fa. La cosa davvero straordinaria è che, rielaborando la struttura di VisualCAD (di cui abbiamo parlato lo scorso anno), lo fa davvero e crea VisualCostituzione.
VisualCostituzione mette in colonna tutti gli articoli della costituzione italiana, mentre nella riga si trovano le modifiche che a quegli articoli sono state fatte: da quelle piccine piccò (tipo passare da tra a fra) a quelle più sostanziali (tipo abrogazione di articoli o inserimento di articoli nuovi).
Una cosa interessante che non sarebbe potuta esistere se la costituzione fosse chiusa in cassetto a prendere polvere.
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Nell'introduzione abbiamo scritto che il pubblico dominio esiste nonostante alcuni tentativi di eliminarlo. Ti chiederai perché tirare in mezzo Topolino. Il famoso topo-detective di suo non ha fatto niente, ma l'azienda che gli sta dietro è una di quelle che stanno combattendo con il coltello tra i denti per far sì che le opere di cui detiene i redditizi diritti nel pubblico dominio non ci finiscano mai.
"La legge a cui fa riferimento Lessig è il famoso Digital Millennium Copyright Act, votato dal Congresso e firmato da Bill Clinton nell'ottobre del 1998, un decreto passato alla storia, però, con un nome molto meno didascalico, ma molto più aderente al significato del provvedimento: il Mickey Mouse Protection Act, la prima legge della storia brandizzata da una multinazionale privata.
Il decreto firmato da Clinton e fortemente voluto dalla stessa Disney, che ci arrivò dopo anni di lobbing, aveva uno scopo ben preciso: aumentava la protezione delle opere intellettuali da 75 a 95 anni dopo la morte degli autori, coprendo le proprietà intellettuali della Disney — un immaginario gigantesco e quasi interamente costruito sulle favole popolari europee — che in quel momento, a 70 anni di distanza dalla nascita di Topolino, rischiavano di diventare di pubblico dominio. Le storie che la Disney aveva reinventato stavano per ritornare patrimonio dell'Umanità e uscendo dal controllo di una multinazionale multimiliardaria che, proprio sull'esclusiva imposta sulle sue storie derivate, aveva fin lì coltivato il proprio impero" scrive per sintetizzare la vicenda Andrea Coccia per Linkiesta.
Se della Disney sai tutto, ti linkiamo anche le vicende di Sherlock Holmes che sono - forse - ancora più interessanti. Jacopo Colò, sempre per Linkiesta, racconta di personaggi che si evolvono, autori che muoiono ed eredi che non vogliono assolutamente mollare l'osso, dato che anche questo osso è piuttosto redditizio.
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NELLA LIBRERIA DI #CivicHackingIT
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Perché il pubblico dominio è importante di David Bollier
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Se non ti abbiamo perso prima, forse anche tu ti stai chiedendo perché il pubblico dominio è importante. Perché dovremmo occuparci di scritti e opere che hanno più di cento anni? Chiara Turolla ha tradotto in italiano questo saggio di David Bollier che vuole rispondere proprio a questa domanda.
"Il pubblico dominio è sempre stato considerato come un singolare deposito di cose usate posto alla periferia della società rispettabile. Secondo il pensiero comune, è il luogo in cui l’esploratore antiquario può trovare l’Isola del Tesoro assieme ai ragtime per piano di Scott Joplin che deperiscono accanto a libri, illustrazioni e musiche meritatamente dimenticati. Tradizionalmente, il pubblico dominio è stato visto come una raccolta piuttosto statica di opere i cui copyright e brevetti sono scaduti o a cui non erano applicabili sin dall'inizio, come gli atti ufficiali e le teorie scientifiche. Si compone, inoltre, degli aspetti della nostra cultura comune che non possono essere protetti legalmente, come trame, titoli, argomenti e fatti.
È pensiero comune che il pubblico dominio sia un interessante e addirittura divertente insieme di opere, ma sicuramente non una risorsa di grande valore economico o creativo: è visto più che altro come una allegra incursione nella soffitta della nonna. Non sorprende, quindi, che gli studiosi di diritto ed i legislatori abbiano ampiamente trascurato il pubblico dominio come oggetto di analisi.
Sta diventando sempre più evidente, però, che questi pregiudizi sul pubblico dominio sono di per se stessi antiquati ed è necessario che siano rivisti. Nonostante venga raramente riconosciuto, il pubblico dominio è sempre stato cruciale per le nuove forme di creatività, per il progresso della scienza e della tecnologia e per la vitalità della nostra cultura democratica" scrive nell'introduzione. Passa poi all'analisi delle cose che minacciano il pubblico dominio - soprattutto a livello giuridico - e all'analisi del ruolo della Rete in tutto questo. Sicuramente non una lettura leggera, ma utile.
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Buona lettura!
Erika e Matteo
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Ps. come sempre, se trovi qualcosa di interessante a tema #CivicHackingIT, segnalacelo su Twitter.
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