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Questa pagina è una copia di archivio della newsletter di #CivicHackingIT.
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Distanti o no, qua si parla di civic hacking e cambiamento climatico
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Nel caso non fosse chiaro, noi sfruttiamo questa newsletter per parlare (anche) di cose che ci stanno a cuore. Da quando un'adolescente ha deciso di protestare di fronte al Parlamento del suo Paese, il discorso sull'ambiente e sul cambiamento climatico è tornato prepotentemente sotto le luci della ribalta. Che lei ti piaccia o meno è chiaro che è una voce potente.

Noi non abbiamo la pretesa di risolvere il problema del riscaldamento della Terra, ma di fronte all'enormità della situazione che si fa? O ci si sotterra o si è parte del cambiamento che si spera di vedere nel mondo. E se oltre all'etichetta di aspirante modificatore del mondo, avessi anche quella di civic hacker? Di certo cambiare le politiche internazionali è parecchio difficile (ma se conosci il legame tra Texaco, Ecuador e popolo Waorani sai che non è impossibile - se non sai di cosa stiamo parlando trovi tutto nel primo gruppo di link), quindi? Devi ricominciare a farti domande. La nostra risposta sembra semplicistica, ma non lo è: la sostenibilità nel lungo periodo e l'analisi della nostra importa ecologica sono due fattori che hanno guidato parecchie delle nostre scelte. Ed è stato difficile, quasi quanto cercare di cambiare le politiche internazionali sul clima (se ti interessa sapere i dettagli, ne parliamo volentieri a voce).

Ps. Hai visto che abbiamo un PayPal per la newsletter? Ci piace che sia gratis, ma se la leggi volentieri, quello è un buon modo per farcelo sapere.

L'importanza delle domande

Hai la certezza che le cose non si possono cambiare?

Quando fai parte di una popolazione di meno di 3.000 abitanti, secondo noi, non cresci con l'idea che al governo del tuo Paese importi particolarmente di te. D'altra parte, ci sono altre 17.300.000 persone di cui si deve preoccupare. Abbiamo anche l'impressione che, per chi nasce Waorani, il sentimento sia reciproco. Ecco perché decidere di imbarcarsi in un processo burocratico lungo e complesso ha qualcosa di straordinario.
"Il popolo Waorani ha infatti deciso di fare causa al governo dell’Ecuador, più precisamente a tre suoi enti: il ministero dell’Ambiente, il ministero dell’Energia e delle risorse naturali non rinnovabili e il segretariato degli Idrocarburi [...] La tribù ha accusato il governo di aver violato i loro diritti e, durante l’udienza che si è tenuta il 26 aprile nella città di Puyo, nella provincia del Pastaza, il tribunale ha deciso di esprimersi in loro favore. 'Oggi il tribunale riconosce che il popolo Waorani, e tutti i popoli indigeni, hanno dei diritti sui loro territori che devono essere rispettati', ha commentato la vittoria Nemonte Nenquimo, rappresentante del popolo Waorani. [...] La vicenda è iniziata nel 2012, quando il governo ha deciso di aprire tre milioni di ettari di Amazzonia alle esplorazioni. Quest’area incontaminata di foresta pluviale primaria, che non conosce impatto antropico ed è casa di un’incredibile diversità di specie animali e vegetali nonché delle popolazioni indigene, è stata così divisa in sedici 'blocchi petroliferi' da vendere in un’asta internazionale, tra cui il blocco 22, dove vivono i Waorani" racconta Camilla Soldati per Lifegate.
Non è la prima volta che in Ecuador ci si contrappone all'industria del petrolio: "lo scorso 13 luglio è arrivata la sentenza definitiva. La corte costituzionale ha respinto l’appello della Chevron, confermando il risarcimento di 9,5 miliardi di dollari dovuti alla popolazione indigena colpita dal disastro ambientale, causato dalla negligenza volontaria nelle operazioni di estrazione del greggio. Questa vittoria pone una pietra miliare nella storia dei procedimenti a difesa dell’ambiente da parte delle comunità indigene, che oggi stanno lottando con il nuovo costituzionalismo indigeno sudamericano, ma anche con azioni di guerriglia clandestina per la salvaguardia dell’ambiente. Per evitare che una nuova Texaco possa decidere, ancora una volta, di non curarsi della terra e della vita di popoli che non appartengano al proprio ceppo etnico e per questo considerali meritevoli di morire nei rifiuti di qualcun altro" scrive Kevin Carboni per Lo Spiegone, in un articolo interessante e pieno di link di approfondimento.
Noi in Ecuador ci siamo stati e possiamo confermare che, quando si esce dalle città, tutti si sentono un po' custodi del pianeta. Non che non ci siano problemi, anzi, ma non questo.
 

Hai pensato alle conseguenze?

Anche una cosa semplice come leggere questa newsletter ha delle conseguenze, ci hai mai pensato?
Quando si parla di ambiente, il primo impatto che questa newsletter ha non dipende necessariamente da noi, ma non possiamo far finta che la struttura di Internet sia sostenibile e abbiamo scovato un'articolo in inglese scritto da Maddie Stone per Gizmondo che lo dimostra.
"Huge changes will be needed because right now, the internet is unsustainable. On the one hand, rising sea levels threaten to swamp the cables and stations that transmit the web to our homes; rising temperatures could make it more costly to run the data centers handling ever-increasing web traffic; wildfires could burn it all down. On the other, all of those data centers, computers, smartphones, and other internet-connected devices take a prodigious amount of energy to build and to run, thus contributing to global warming and hastening our collective demise. To save the internet and ourselves, we’ll need to harden and relocate the infrastructure we’ve built, find cleaner ways to power the web, and reimagine how we interact with the digital world. Ultimately, we need to recognize that our tremendous consumption of online content isn’t free of consequences—if we’re not paying, the planet is", sembrano parole bislacche, ma non lo sono.
Sull'impatto ambientale di questa newsletter, una cosa a cui fino ad ora non avevamo pensato è il peso ecologico dello streaming. A volte ti consigliamo video o audio a cui immaginiamo tu acceda senza scaricarli in locale. Un artista con un po' di tempo libero ha fatto una stima: lo streaming costa circa 10 volte di più di quando una cosa la scarichi e ci accedi da una memoria locale. Abbiamo scovato le sue riflessioni su Twitter e ti linkiamo tutto il thread con il consiglio di ripescare anche tutti gli altri thread che cita. Ovviamente, non è colpa tua se questa è la situazione, però, forse possiamo cambiare (sia noi che tu) il modo in cui accediamo ai contenuti: una piccola goccia, vero, ma meglio di niente.

Da dove cominciare?

Come ti abbiamo detto l'ambiente è un tema caldo (e il gioco di parole è solo parzialmente accidentale), ma per noi non è una novità. L'anno scorso dopo una tempesta particolarmente violenta abbiamo cambiato in fretta e furia il calendario editoriale per cominciare a metterti la pulce nell'orecchio.
Ovviamente, non siamo gli unici nel mondo del civic hacking a cui interessa l'argomento. Proprio ieri c'è stata la giornata globale del climathon, un'iniziativa che analizza le sfide a cui le città vanno incontro quando si parla di cambiamento climatico cercando soluzioni concrete o, per dirla con parole loro, "Climathon is a year-round programme, with a powerful solutions-hackathon at its core, translating climate action solutions into tangible projects, supporting climate positive businesses & start-ups and addressing local policy changes". Hanno partecipato diverse città italiane, da Palermo a Courmayeur, con temi vari: cibo, economia circolare, mobilità, energia, eventi climatici estremi, inquinamento e un sacco di altre cose che sono legate ai cambiamenti climatici. Andando appena un po' più indietro nel tempo, ad inizio ottobre c'è stato un hackathon sull'acqua - intesa come il nuovo petrolio - a Bari. "L’Hackathon si è sviluppato su tre giorni di studio, brainstorming e lavoro con al centro il tema dell’Acqua, elemento visto ormai come il 'nuovo petrolio', per riuscire a trovare alcune soluzioni ai tanti problemi connessi: dalla qualità dell’acqua del mare al monitoraggio delle risorse per evitare la desertificazione, dal suo uso consapevole e sostenibile al supporto alle attività agricole e l’irrigazione. Nelle tre giornate, oltre ad imparare ad usare gli Open Data satellitari e i servizi di Copernicus" sono stati sviluppati dei prototipi e altre cose che ti invitiamo a scoprire dal blog di Planetek Italia, l'azienda che lo ha organizzato.

NELLA LIBRERIA DI #CivicHackingIT

Open Climate Knowledge: Open Access per il cambiamento climatico di Generation R

Stavolta, ti parliamo di qualcosa di più complicato di un semplice libro. Si tratta di un'iniziativa della piattaforma editoriale Generation R per stimolare l'apertura in Open Access di tutta la ricerca scientifica sul riscaldamento globale e il cambiamento climatico. Si basa sulla combinazione di alcuni software che cercano ed estraggono i dati (e le menzioni di determinate parole chiave) sui temi attorno al cambiamento climatico con l'idea di renderli navigabili e accessibili da tutti, non solo da climatologi e altri studiosi del clima.
Dietro questo progetto c'è la necessità di rendere disponibili in Open Access tutti i materiali di ricerca: gli articoli scientifici pubblicati in riviste accademiche o atti di conferenze, ma anche capitoli di libri, monografie, dati sperimentali, codice e algoritmi per l'analisi dei dati, dizionari per le definizioni e chi più ne ha più ne metta. Il progetto è difficile da sintetizzare, ma merita attenzione, soprattutto perché punta a creare una rete di studiosi interessati al tema che contribuiscono alla conversazione aumentando ad ogni passaggio la conoscenza di tutti.
"This makes a great citizen science project. Anyone anywhere with a Net connection can do it. The software, data and dictionaries are all open (no restrictions on use, no fee, and you can change them without permission). We’ll share the data we find (probably on GitHub) as soon as we capture it. This is 'OpenNoteBook Science', (no insider knowledge) as promoted by Jean Claude Bradley."
Buona lettura!

Erika e Matteo
 
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Questa mail ti arriva perché ti interessa aggiornarti sul civic hacking in Italia e le sue connessioni (con qualche occasionale spunto dall'estero). La newsletter nata nel 2017, il blog su Medium e il libro (in scrittura) sono curati da Erika Marconato e Matteo Brunati.
 
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